Lettera ai partecipanti alla giornata di preghiera per la pace
del 24 gennaio 2002 ad Assisi.
Santità,
Eminenze, Reverendissimi Padri, Signori, Partecipanti alla giornata di
preghiera per la pace,
il primo gennaio
2001 del calendario gregoriano è stata fondata la Repubblica della Terra, quale
proposta di governo mondiale eletto direttamente dagli abitanti del pianeta per
contribuire al massimo sviluppo possibile di tutti gli esseri umani, assicurare
piena democrazia e garantire effettiva solidarietà per vivere in pace.
La
Costituzione della Repubblica della Terra stabilisce principi di libertà,
giustizia ed uguaglianza unanimemente condivisi e le forme per realizzarli,
osservando le norme del diritto internazionale. Essa prevede la elezione di una
Assemblea Internazionale per la formazione delle leggi e di un Governo della
Repubblica per la loro esecuzione. Fino a quando non sarà eletta l’Assemblea
Internazionale, la Repubblica della Terra è diretta da un Comitato di
Rappresentanti.
Uno dei
principi fondamentali stabiliti dalla Costituzione è la ridistribuzione della
ricchezza fra gli abitanti del pianeta. Per questo è stata emessa Dhana, la
moneta della Repubblica della Terra. Il 14 giugno 2001 sono stati emessi i
primi sei miliardi di Dhana garantiti da un capitale di 150 miliardi di Euro,
una Dhana per 25 Euro. È prevista la emissione di 450 miliardi di Dhana,
garantiti da un capitale complessivo di 11.250 miliardi di Euro, pari a circa
9.900 miliardi di dollari statunitensi. Cento Dhana saranno assegnate a
ciascuno dei 4,5 miliardi di abitanti della Terra che partecipano agli scambi.
Ancora più
importanti della ricchezza sono la sicurezza e la pace. La pace non deve essere
intesa come il risultato di un processo ma come l’inizio di un processo ed il
presupposto attraverso il quale è possibile crescere e svilupparsi. La
sicurezza non può dipendere dalla forza delle armi ma dalla consapevolezza che
la violenza sia la negazione della intelligenza e nella convinzione che
attraverso il pacifico confronto sia possibile affrontare i problemi di chi
vive in condizioni peggiori senza danneggiare chi si trova in condizioni migliori.
Due popoli che
da tempo aspirano a libertà e sicurezza sono quello ebreo e quello palestinese.
Quasi tre milioni di palestinesi, fra cui mezzo milione di profughi, vivono
come stranieri in casa propria in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Oltre
quattro milioni di palestinesi della diaspora sono costretti a vivere
all’estero. Cinque milioni di ebrei vivono nella completa insicurezza personale
e temono la distruzione della loro nazione.
Per oltre
cinquant’anni i massimi esponenti di stati, organizzazioni internazionali e
grandi religioni hanno operato e pregato per la pace in Palestina. Inutilmente.
Interessi economici, dissidi interni ai due popoli, paura e forse anche
personalismi di alcuni esponenti delle due parti hanno fino ad ora fatto
prevalere le ragioni dell’odio e della razza piuttosto di quelle della
comprensione e del perdono. Le religioni non hanno alcuna responsabilità per
questa situazione che sembra ormai irreversibile. Esse sono state e sono solo
addotte a pretesto per accendere gli animi di disperati. Semmai, si può dire
che le grandi religioni non hanno fatto tutto quello che potevano per prevenire
e per risolvere questo inutile conflitto che rischia oggi di coinvolgere, come
purtroppo è più volte accaduto, i paesi limitrofi ed anche quelli più distanti,
in una sorta di reciproca terribile crociata gli uni contro gli altri.
Nonostante
questa fosca previsione, non possiamo, non dobbiamo arrenderci. Chi vuole
davvero la pace sulla Terra ha il dovere morale di ricercare e segnalare gli
strumenti per risolvere la situazione in Medio Oriente. È necessario essere
realisti e concreti. Dopo tanti conclamati accordi, la situazione sta
precipitando. Non resta che ripartire dalla soluzione originaria, secondo le
previsioni del diritto internazionale. Dal 26 giugno 1945, gli stati hanno
assegnato alle Nazioni Unite il compito di risolvere i conflitti internazionali
e regionali. Il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha
adottato la Risoluzione n. 181 con la quale ha stabilito la divisione della
Palestina tra arabi ed ebrei ed un regime internazionale speciale per la città di Gerusalemme.
Convinti della necessità di dover ripartire da una certezza, abbiamo
dunque invitato tutti gli stati membri delle Nazioni Unite a chiedere al
Segretario Generale la convocazione urgente di una sessione speciale della
Assemblea Generale affinché confermi o modifichi la risoluzione n. 181 del 29
novembre 1947 in relazione sia alla divisione della Palestina sia al regime di
Gerusalemme.
Abbiamo altresì invitato lo Stato di Israele e l’Autorità Nazionale
Palestinese a conformarsi alla Risoluzione n. 181 – tuttora in vigore – ed
abbiamo sollecitato i rappresentanti di tutte le forze politiche israeliane e
palestinesi ad assumersi la responsabilità di far cessare immediatamente ogni
atto di violenza nei confronti di chiunque. Nessuna violenza è legittima.
Chiediamo a Lei ed a tutti i partecipanti alla giornata di preghiera di
Assisi del 24 gennaio 2002 per la pace nel mondo di esprimere un consenso
comune a questa iniziativa, con l’arricchimento di idee e di iniziative che
certamente Ella, insieme agli altri partecipanti, potrà apportare, esortando
tutti gli stati del pianeta ad agire concretamente per la pace in Medio
Oriente.
Da parte nostra, dopo alcuni viaggi in Palestina, abbiamo impegnato la
società con il cui capitale è stata garantita la prima emissione di Dhana a
sostenere iniziative sociali ed imprese economiche in Palestina, per un valore
complessivo di trecento milioni di Dhana, pari a 7,5 miliardi di Euro (circa
6,6 miliardi di US$), prevedendo il trasferimento
gratuito della proprietà delle imprese ai lavoratori una volta che saranno
ammortizzati gli investimenti.
Credo che
questo sia il modo migliore per tradurre in pratica il messaggio che il Santo
Padre vuole annunciare «a credenti e non
credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà, che hanno a cuore il bene
della famiglia umana e il suo futuro»: «Non c'è pace senza giustizia,
non c'è giustizia senza perdono».
Nel
ringraziarLa per l’attenzione Le porgo i sensi della massima stima.
Assisi, 22
gennaio 2002.
Rodolfo Marusi
Guareschi
Lettera agli stati membri
delle Nazioni Unite
ed alle loro rappresentanze permanenti.
La questione
palestinese si fa sempre più preoccupante e difficile, sia per le popolazioni
coinvolte sia per le ripercussioni che questo conflitto può avere sulla pace in
tutto il pianeta. Oltre cinquant’anni di contrasti, guerre e reciproche accuse,
non solo fra ebrei e palestinesi ma anche fra diversi altri paesi, hanno
trasformato questa parte del mondo in una miccia che può accendere una
colossale polveriera che rischia di coinvolgere tante nazioni, culture,
ideologie ed interessi.
Tutte le
nazioni della Terra hanno il diritto ed il dovere di ricercare e di indicare
gli strumenti per interrompere un processo che rappresenta l’incapacità delle
istituzioni di trovare una soluzione e nello stesso tempo una vergogna per
tutta l’umanità. Forse è stato commesso l’errore originario di considerare pace
e sicurezza come risultati invece che come origini e presupposti indispensabili
dei processi di sviluppo, democrazia e solidarietà.
Quasi tre
milioni di palestinesi, fra cui mezzo milione di profughi, vivono come
stranieri in casa propria in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Oltre
quattro milioni di palestinesi della diaspora sono costretti a vivere
all’estero. Cinque milioni di ebrei vivono nella completa insicurezza personale
e temono la distruzione della loro nazione. Non sono “fatti loro”. Riguardano
tutti noi, il nostro senso morale comune ed il nostro stesso futuro.
Dal 26 giugno
1945 in poi, quasi tutti gli stati hanno assegnato alle Nazioni Unite il
compito di risolvere i conflitti internazionali e regionali. Ebbene, il 29
novembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la
Risoluzione n. 181, con la quale ha stabilito la divisione della Palestina tra
arabi ed ebrei ed un regime
internazionale speciale per la città di Gerusalemme.
Il diritto internazionale – del quale la Carta delle Nazioni Unite e le
decisioni legittimamente prese dall’Assemblea Generale sono fra le massime espressioni
– è il risultato di un confronto e di un consenso politico che può e deve
diventare mezzo concreto per affrontare questo conflitto.
Invitiamo pertanto gli stati membri delle Nazioni Unite a chiedere al
Segretario Generale la convocazione urgente di una sessione speciale della
Assemblea Generale affinché confermi o modifichi la risoluzione n. 181 del 29
novembre 1947 in relazione sia alla divisione della Palestina sia al regime di
Gerusalemme.
Invitiamo gli stessi stati ad associarsi alla richiesta che abbiamo
rivolto allo Stato di Israele ed all’Autorità Nazionale Palestinese affinché si
conformino alla Risoluzione n. 181 – tuttora in vigore – ed abbiamo sollecitato
i rappresentanti di tutte le forze politiche israeliane e palestinesi ad assumersi
la responsabilità di far cessare immediatamente ogni atto di violenza nei
confronti di chiunque.
Abbiamo invitato tutti i partecipanti alla giornata di preghiera di
Assisi del 24 gennaio 2002 per la pace nel mondo ad esprimere consenso e
sostegno a questa iniziativa.
Ringraziando per l’attenzione, porgiamo i sensi della massima stima.
Italia, 23 gennaio 2002.
Rodolfo Marusi Guareschi
Lettera
ai governi ed alle forze politiche
israeliane
e palestinesi.
Le nazioni
ebrea e palestinese aspirano giustamente a libertà, benessere, sviluppo,
giustizia, uguaglianza, democrazia, sicurezza e pace. Gli ebrei hanno lottato
cinquanta anni (dall’agosto 1897 al maggio 1948) per ritrovarsi in uno stato
indipendente con un territorio, un popolo ed un governo. I palestinesi non
hanno mai avuto un loro stato.
Dopo oltre
cinquanta anni dalla Risoluzione n. 181 del 27 novembre 1947 della Assemblea
Generale delle Nazioni Unite, tutti gli accordi sono rimessi in discussione. In
questo periodo di tempo, gli ebrei hanno dovuto difendere dall’interno e
dall’esterno la loro legittima indipendenza ed i palestinesi hanno lottato
inutilmente per ottenerla. Ambedue i popoli sono stati spesso strumenti di mire
ed interessi esterni, che hanno distrutto i reciproci riconoscimenti. Sembrano
perse tutte le speranze di pace fra i due popoli.
Tuttavia,
quando la situazione si fa così complessa che le regole non riescono più a
tenere unito un sistema di rapporti e di comportamenti e tutto sembra sfociare
nel contrasto e nel conflitto, è necessario stabilire nuove regole partendo da
quelle legittimamente assunte secondo il diritto internazionale.
Può darsi che
la Risoluzione n. 181 sia superata ed antistorica. Certamente in parte non è
stata adottata ed in parte è stata applicata male. Può darsi che debba essere
modificata. Eppure è da quella decisione che si deve partire per ricercare
soluzioni e strumenti più idonei a comporre il conflitto in Medio Oriente.
Altrimenti, si dovrebbe accettare che due popoli che insieme rappresentano meno
del due per mille della intera umanità possano stabilire i loro rapporti a
prescindere dal contesto internazionale. Chi ha pensato che questa possibilità
avrebbe potuto produrre risultati positivi ha evidentemente sbagliato. In fondo
non poteva che andare così. Un organismo internazionale come le Nazioni Unite
può svolgere la sua funzione solo se le decisioni vengono prese in modo
democratico, senza egemonie, e se le decisioni adottate sono poi tradotte in
pratica. Altrimenti è solo apparenza del diritto.
La Risoluzione
n. 181 stabiliva la divisione della Palestina fra arabi ed ebrei ed un regime
speciale per la città di Gerusalemme. Era una risposta concreta del diritto
internazionale ad un problema concreto. Doveva essere adottata. Ciò non avrebbe
impedito alle parti interessate di presentare nuove proposte, di discuterle ed
eventualmente di modificare le decisioni prese in quella sede.
Ebbene, lo
stesso problema si ripropone ora.
Le nostre
proposte sono:
- la
maggioranza degli stati membri delle Nazioni Unite chieda al Segretario
Generale la convocazione di una sessione speciale della Assemblea Generale che
potrà confermare o modificare la Risoluzione n. 181 del 27 novembre 1947;
- il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite adotti immediatamente le decisioni più idonee
a garantire la applicazione della Risoluzione n. 181 e delle sue eventuali
modifiche;
- i
rappresentanti della nazione ebrea e palestinese adottino da subito la
Risoluzione n. 181 (ancora in vigore), con il ritiro delle forze armate
israeliane dai territori indicati nella parte II, sezione A) ed il
riconoscimento di Gerusalemme come previsto dalla parte II sezione B) e dalla
parte III sezione A), con i confini stabiliti dalla parte III sezione B) e le
condizioni poste dalla parte III sezione C) della Risoluzione n. 181 e si
impegnino ad adottare entro il minor tempo possibile le eventuali modifiche;
- i
rappresentanti delle forze politiche ebree e palestinesi ai quali la presente è
rivolta indichino ai loro aderenti di cessare immediatamente qualsiasi azione
di violenza nei confronti di chiunque ed assumano personale responsabilità per
eventuali infrazioni;
- i
rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche palestinesi
trasmettano alle Nazioni Unite la dichiarazione prevista dalla parte I sezione
C) della Risoluzione n. 181, con preavviso di dichiarazione dello Stato di
Palestina indipendente entro il termine di tempo strettamente necessario per
concordare il relativo atto di proclamazione e con indicazione di una capitale
che tenga conto dei limiti imposti dalla stessa Risoluzione n. 181 circa la
città di Gerusalemme che
dovrebbe includere il comune di Gerusalemme più i villaggi e le città
circostanti, fino ad Abu Dis ad est, Bethlehem a sud, 'Ein Karim (incluso lo
spazio edificato di Motsa) ad ovest e Shu'fat a nord.
Su queste basi abbiamo chiesto l’adesione degli Stati membri delle
Nazioni Unite, delle loro rappresentanze permanenti, dei rappresentanti dello
Stato di Israele e della Autorità Nazionale Palestinese, dei rappresentanti di
tutte le religioni riuniti ad Assisi il 24 gennaio 2002 per pregare per la pace
nel mondo.
Per parte nostra, confermiamo il contenuto della lettera già trasmessa
il 19 dicembre 2001 al Presidente Arafat circa un progetto di investimenti di
carattere sociale ed economico per un valore di 7,5 miliardi di Euro, pari a
circa 6,6 miliardi di dollari statunitensi.
Ci auguriamo che queste proposte siano accolte da tutti gli interessati.
Tutti i cittadini della Terra sono interessati al rispetto del diritto
internazionale, soprattutto quando la violazione comporta un rischio per la
pace e la sicurezza in ogni luogo del pianeta. Per questo, in caso di mancato
accoglimento delle suddette proposte, chiunque, individuo, gruppo od
organizzazione avrà il diritto di assumere direttamente le iniziative che
riterrà più opportune per far valere, senza violenza ma con estrema
concretezza, quanto è stato legittimamente stabilito secondo le norme del
diritto internazionale.
Ringraziando per l’attenzione porgiamo i migliori saluti.
Italia, 23 gennaio 2002.
Rodolfo Marusi Guareschi